lunedì 19 settembre 2011

Asilo o assillo?


"Attenzione a ciò che desideri...potrebbe avverarsi!"
Appunto: sono stata mesi a pensare a quando finalmente Matteo sarebbe andato all'asilo e adesso che ci va, mi domando cosa ci sia di tanto desiderabile in questo allontanamento semi coatto.
Dunque: lui sembra abbastanza entusiasta e solo oggi (seconda settimana di frequenza, sesto giorno di separazione) è voluto venire in braccio e non voleva lasciarmi andare, al momento di entrare. Per questo mi è stato concesso di accompagnarlo fino all'aula dove una maestra l'ha accolto tra le sue braccia mentre la collega mi invitava rassicurante ad allontanarmi con nonchalance. Fortuna che sulle scale ho incontrato Lola  la "cuginetta, amichetta, bimba come me" di Matteo e mi son detta -dai, dai esci di qui e pensa ad altro-.
Sembra facile, ma mica lo è. Io sto sempre a pensare a Matteo. Al fatto che sta vivendo "l'incontro col gruppo dei pari", un evento che sta alla sua crescita sociale come il primo passo sta a quella fisica, e a me non è permesso assistervi. 
Che rabbia che ho dentro! Verso le maestre soprattutto che pensano di risolvere le materne apprensioni con un "è stato bravissimo, non si è visto né sentito" mentre proprio con frasi del genere aumentano l'apprensione di un certo tipo di genitori, genitori che invece, quando si tratta dei loro figli e della loro crescita, non si fidano di nessuno, vogliono vedere con i loro occhi un po per senso del dovere e molto per piacere. Ecco perché io,  queste maestre, le invidio, anche. Quanti sorrisi mi sto perdendo? E quali entusiasmi? E quale giallissimo dipinto avrà fatto Matteo venerdì, che il suo grembiulino era tutto macchiato?
Che rabbia che ho dentro! Verso la Scuola italiana che sulla carta è tutto un "cooperazione scuola-genitori", "offerta formativa" "armonizzazione dei vissuti infantili" ma poi quello che arriva ai genitori è "sbrigati ad uscire da qui ché noi abbiamo da lavorare anzi no, non entrare proprio che a tuo figlio ci pensiamo noi".
Io questa cosa la sto vivendo come una violenza, una specie di abuso di potere legittimato da convinzioni pedagogiche vecchie e discutibili. Nel paese che ha dato i natali alla Montessori. Che tristezza!
Io su questa cosa ci sto riflettendo seriamente: sto elaborando un progetto che sottoporrò alle maestre prima e, se riesco a convincerle, al direttore didattico il cui intervento è necessario poiché dovrebbe introdurre una modifica al regolamento di istituto. 
E' molto semplice: si tratterebbe di permettere a due di genitori di altrettanti bambini di entrare in classe un giorno a settimana (preferibilmente il venerdì) durante gli ultimi trenta minuti di lezione, per soli dieci minuti e di poter passare questo tempo in classe coi loro figli. Si avrebbe così la possibilità di vederli all'opera nell'ambiente della classe, in interazione con i compagni, con oggetti e regole diverse da quelle di casa. Il bambino avrebbe la possibilità di dire "guarda mamma/papà che cose importanti faccio mentre sono lontano da te". Si darebbe ai piccoli la possibilità di sperimentare che quelli che per loro sono estranei, per altri sono persone significative e amate, cosa che spesso i genitori fanno fatica a comunicare ai propri figli. Nella migliore delle ipotesi ci si potrebbe avvalere della professionalità delle maestre per sottoporre dubbi e domande per i quali sembra non ci sia mai tempo. Chiaramente i genitori ospiti non dovrebbero mai intralciare l'attività di maestre e bambini né imporre la loro presenza agli altri piccoli. Chiaramente ci sarebbe un registro da firmare per garantire la "rintracciabilità" degli ingressi.
Insomma sto cercando di pensare a tutti gli aspetti logistici e soprattutto alle possibili obiezioni. E, più articolo, più mi viene il dubbio che l'unico, insormontabile scoglio sarà: -signora ma perché dovremmo creare tutto questo trambusto?-. 
Infatti perché? Si fa prima a pensare che sono i genitori quelli capricciosi, che devono imparare a fidarsi e ad affidare i loro bambini, che inizia adesso la dolorosa accettazione dell'alterità dei loro figli, che le cose son sempre andate così e che motivo c'è di cambiare.
Ok lo concedo: l'unico motivo è l'amore di un genitore per suo figlio, il suo volersi sentire chiamato in causa personalmente e predominantemente in ogni aspetto della sua vita; sarà poco e poco importante ma loro dovranno concedere a me che un genitore felice mette in moto potenzialità incalcolabili in un bambino, e questo paese ha bisogno di grandi bambini. 
Io ci provo.


venerdì 9 settembre 2011

Degustazioni letterarie: "Enigma in luogo di mare" Fruttero & Lucentini

"Il frutto, ammette con un sorriso, è talvolta davvero durissimo, lo si sente perfino attraverso la punta di una robusta scarpa. Un brav'uomo, povero Bonanno, ma non per questo meno pericoloso, anzi. Meglio non pensare alle sue iniziative nel campo dell'agricoltura e foreste; uno che, non per arroganza ma per mera cecità, è stato capace di piantare 45 tuje alla Gualdana, uno così insensibile alle discrepanze botaniche, non esiterebbe in perfetta buona fede a riempire Roma di abeti, a spargere cipressi nella campagna lombarda, lungo le rive del Nilo. Un pasticcione, un seminatore d'incongruo...
Solo però quando rientra in casa e si siede annoiato sul sofà aspettando l'ora del "trattenimento musicale", il Monforti prova a immaginare cosa succederebbe se Bonanno fosse membro della commissione parlamentare dei puzzle. Mescolanze impossibili di palme e di pini, di cammellieri e benzinai, di sabbie e grattacieli, che sarebbero allora ben più difficili da distinguere, separare, scoprporare. Forse in qualche iniziatico negozio di Londra già esistono giochi così preparati, o più semplicemente esistono fanatici del difficile che comprano due, tre, cinque puzzle senza immagine, vuotano i sacchetti sul tavolo e li rimestano e confondono alla cieca, un Rembrandt con una veduta di Grosseto con la vetrina di un supermarket con un ghiacciaio svizzero. Non sarebbe questa del resto un'immagine più fedele della vita, gioco d'infinite sovrapposizioni e contaminazioni, di inestricabili escrescenze e ritagli anomali come i topi di Bonanno?
Ed è in fondo proprio lui, l'onorevole, a suggerire al Monforti la prima idea della procedura da seguire per raccapezzarsi tra gli enigmi della Gualdana. Perché tutto a un tratto il teorico della pigna appare estricabilissimo. Non uno dei pezzi del suo mistero può concepibilmente combaciare con gli altri, combinarsi in qualsiasi modo con Delaude, con Orfeo, con gli Zeme, col Romito, con Katia. E' un mistero che si può, si deve espungere da tutto il mucchio eterogeneo dei ritagli. E' un intruso, un abusivo, venuto come le tuje a creare incongruenza e di cui occorre sbarazzarsi al più presto. La procedura dello scorporo, ecco ciò che serve per cominciare a vederci chiaro."


Bello questo giallo dove si viene investiti da una serie di vicende relative ad una strana comunità di vacanzieri fuori stagione. Tutto potrebbe costituire un enigma, all'inizio, tanto che la domanda vera è: "qual'è l'enigma?". La risposta a questa domanda arriva per gradi e si porta dietro la soluzione del mistero principale e di quelli accessori tramite una narrazione leggera ma per niente piatta. La via italiana al giallo passa anche per libri come questo dove proprio la lingua italiana, con le sue inesauribili potenzialità espressive, costituisce un valore aggiunto. Libri come questo riescono a far sperimentare "il piacere della lettura" anche a chi non lo conosca.
Unico consiglio: a dispetto del titolo, non portatevi questo libro in spiaggia, aspettate invece il primo fresco autunnale, sicuramente la lettura sarà più piacevole.


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