lunedì 27 febbraio 2012

Assaggi di saggi: "La sfida della volontà - esperienze con i bambini piccoli -" M. Meyerkort, R. Lissau



Osserviamo che il bambino è spinto a muoversi, a fare uso di quanto gli consente il suo patrimonio anatomico e fisiologico. Tutti questi processi avvengono nella volontà del bambino: a livello dell'istinto prende forma la dinamica orientata al futuro del patrimonio corporeo. Le pulsioni ne costituiscono il dinamismo. L'individualità del bambino si manifesta già nella scelta delle attività -nel campo del desiderio- che genitori e maestri osserveranno, per cogliere qualcosa dei futuri sviluppi di vita, del karma di quel certo bambino.
Pensando a tutto ciò, siamo portati a chiederci: possiamo far stare sempre seduti, calmi e tranquilli, dei bambini sotto i sette anni? Un modo è stato quello di forzare il bambino alla sottomissione. "Non ti ho detto di stare seduto da bravo?" dice la maestra. Il risultato può essere quello di rendere un bambino debole, intimorito, che da adulto potrebbe sentirsi insignificante, tendere a ritirarsi in un angolino, a non distinguersi, o ad essere fisicamente e/o moralmente un codardo. I genitori e gli insegnanti d'oggi hanno a disposizione altri mezzi per far star fermo un bambino: la tecnologia moderna, la televisione, i videogiochi, e internet. Utilizzandoli, possiamo uccidere le forze creative nei nostri bambini, indurli al letargo e alla convinzione:"ho il diritto di essere intrattenuto". Inoltre, viene a  mancare lo stimolo a diventare un adulto creativo e dotato di senso critico, che può perfino essere distrutto per tutto il resto della sua vita."


Da chi, come me, conosce solo superficialmente la pedagogia steineriana non ci si può aspettare un resoconto puntuale di questo libro perché esso tratta temi molto complessi quali quelli della volontà e della sua crescita nel bambino in età prescolare, attraverso le tappe fondamentali del suo sviluppo psicofisico (camminare, parlare, pensare) e i suoi peculiari stati di coscienza (empatia, corporeità, ritmo).
Nonostante il libro abbondi di esempi concreti e di suggerimenti operativi su come accompagnare e stimolare lo sviluppo della volontà nel bambino, anche attraverso il lavoro sulla volontà dell'adulto (come sempre nella pedagogia waldorf non c'è crescita del bambino senza un intimo e personale coinvolgimento dell'adulto, da qui il senso della "sfida"), la specificità dei temi trattati richiederebbe, questa è la mia sensazione, una conoscenza preliminare dei concetti base della pedagogia steineriana.
Ciò che posso dire con sicurezza riguardo questo libro è quanto sia poetica e delicata la visione dell'infanzia che esso propone:

"Portiamo un gruppo di bambini in un grande parco. Fin dal momento in cui l'adulto si siede sotto un albero con tutti i cestini da pic-nic, diciotto bambini saltano e corrono in tutte le direzioni. L'iniziale vociare sotto i cespugli e gli alberi presto si trasforma in una specie di silenzio, che può durare qualche minuto. Poi ritornano, prima due, poi tre, poi un'intero gruppo, gridando: "Guarda, cosa ho trovato!" -"Guarda qui!"- "Guarda! Guarda!" E un bambino ha in mano un osso di pesca, un altro un pezzo di vetro, un bruco morto, o perfino un tocco di fango. Sono tesori. Se la maestra suggerisse di lasciarli perdere ("Buttalo via, è sporco"), dovrebbe presto ricredersi ("E' mio! Mi serve!").
Per l'adulto questa gioia di fronte alle cose più umili e scontate può essere una sorpresa. Il sasso lungo la strada per noi è inutile, non significa nulla. Per il bambino fa parte del  mondo è il mondo, che ora lui stringe nella sua mano. Poiché la sua coscienza si abbandona al mondo, dalla sua dedizione a ciò che è stato creato egli trae non un accrescimento di conoscenza, ma un solenne incontro con ciò che le forze divine hanno creato, un'esperianza che un artista può portare con sé nella vita adulta.

e al tempo stesso quanto grande l'impegno che si chiede a genitori ed educatori:

"Quando osserviamo lo sviluppo del bambino nei primi sette anni di vita, e riconosciamo la preponderanza della vita di volontà a quell'età, comprendiamo la tremenda responsabilità per cui è la nostra attenzione di adulti che in larga misura modella la crescita della donna e dell'uomo di domani"

nonché grandiosi il fine e il senso di questo lavoro:

"L'impegno nel portare avanti seriamente la nostra autoeducazione ci porta, passo dopo passo, verso un nuovo atteggiamento sociale: a sentire che, insieme, abbiamo delle responsabilità verso il nostro pianeta e tutta la sua vita."

Debbo ammettere che se i continui riferimenti ad una dimensione spirituale fatta di esseri superiori che ci guidano e ci sostengono, mi ha spiazzata, gli esempi concreti di cosa genitori ed educatori possono fare in un asilo waldorf mi hanno fatto percepire la pochezza di ciò che sto facendo per educare mio figlio:

- Le maestre potrebbero aiutare in casa, quando un membro della famiglia è malato.
- Possiamo far parte di un coro locale o di un'attività sportiva, se ci fa piacere.
-Con l'aiuto di genitori e amici, la maestra può presentare uno dei suoi teatrini di marionette presso biblioteche per l'infanzia, ospedali, case di riposo.
-Una o due volte a settimana si potrebbe invitare una persona anziana a venire a sedersi tranquillamente per qualche ora in un angolo dell'asilo, col suo lavoro a maglia o di cucito, o d'intaglio del legno.
.
Forse sono solo belle parole eppure se avessimo la forza, il coraggio e la dedizione necessari...


venerdì 17 febbraio 2012

Il grande gelo: effetti collaterali ;(

Nevica così una volta ogni trent'anni, proprio adesso che avevo trovato un lavoro. Due giorni di assenza e: licenziata! Anzi, per essere precisa, in stand-by in attesa che ad una delle mie colleghe passi il nervosismo per essersi trovata ad affrontare tutto il lavoro da sola, "soprassediamo un pò" mi ha detto la mia datrice di lavoro, "sai Samantha è per me indispensabile e mi ha detto che non ti rivolgerà mai più la parola e tu capisci che in questo clima non potete lavorare bene". Ma io lo so che tanto è finita qui, perché la Samantha, giovine resa dura dalle difficoltà che una vita in terra straniera (con figlio adolescente a carico) comporta, su di me ci ha messo una croce. Me l'ha detto quando l'ho chiamata pensando di doverle chiedere scusa anche se non ce ne era motivo, pensando che se fossi riuscita a farle capire la mia buona fede, magari la mia datrice di lavoro ci avrebbe ripensato. Il bello è che a forza di pensare ero riuscita davvero a trovare qualcosa di indelicato nel mio comportamento e ne ero sinceramente rammaricata; invece da quella telefonata (che adesso rimpiango di aver fatto) si è capito che

  1. la Samantha è una vera s....za la quale s'è n'è fregata delle mie lacrime e delle mie suppliche e ha anzi trovato la lucidità mentale per elencare tutte le mie carenze tecniche, oltre che umane. Tutto ciò che non mi è stato detto quando poteva essermi utile, mi è stato rinfacciato quando ormai serviva solo a farmi stare male.
  2. Nonostante l'aspetto delicato e comprensivo e i temporeggiamenti, la "padrona" deve essere a sua volta insoddisfatta di me altrimenti non avrebbe permesso ad una sua dipendente, per quanto brava e servile, di decidere del futuro lavorativo dell'altra.
  3. Le persone possono raggiungere livelli di ipocrisia che, nonostante le esperienze accumulate, continuo a registrare in costante aumento.
E adessso considero che è meglio non avere niente a che fare con gente che, nonostante l'abbondanza di immagini sacre che riesce a stipare dentro casa, alla fine è intimamente convinta che la sua vita valga di più di quella degli altri (perchè c'era davvero da rischiare ad uscire di casa in quelle condizioni e nonostante io lo abbia fatto per due giorni la cosa non è stata significativa) e mi dico "anche se mi dovessero richiamare io non ci torno a lavorare con una che è talmente incattivita da vedere in ogni persona che incontra un nemico, una che pensa di avere il monopolio delle difficoltà della vita solo perché ha commesso qualche errore quando era poco più che una bambina".
Però rimane il fatto che il lavoro l'ho perso e non ho ancora nemmeno avuto il primo stipendio (dice che la neve ha ritardato la compilazione delle busta paga, ma dai!?) e che la mia autostima l'ho intravista mentre si nascondeva sotto il tappeto all'ingresso qualche giorno fa e non ho cuore di andare a vedere se è ancora lì o se nel frattempo si è buttata dalla tromba delle scale.
Come si fa a perdere un lavoro così semplice dopo poco più di un mese dall'assunzione?
Intanto sto aspettando che la "signora" mi convochi per liquidarmi, magari ci capirò qualcosa di più, per adesso posso dire solo che ci sono rimasta malissimo e tanta è la mia delusione e il mio abbattimento che dispenso voi, cari lettori e care lettrici, da qualsiasi vano tentativo di consolarmi o incoraggiarmi.
Non ce la potete fare! Non adesso perché non ho ancora finito di rimproverarmi, autocommiserarmi e disperarmi, debbo ancora toccare il fondo e quando ci sarò arrivata potrò finalmente da passare da questo


che rende bene l'idea di come mi sento adesso, a questo


e io lo so che ce la posso fare! Prima o poi.




lunedì 6 febbraio 2012

Il grande gelo: saluti dal medioevo!

Ragazzi che fine settimana da paura: neve come non ne ricordavo da anni, freddo estremo, tre giorni (tre!!!) senza corrente elettrica a ottocentocinquanta metri sul livello del mare, senza linea telefonica, con un  chilometro di tornanti a separarci dal resto del mondo. 
Aveva nevicato mercoledì ma poca cosa, giovedì siamo persino andati a Roma (ma con il pandino 4*4), venerdì sono andata a lavoro e non ha smesso un attimo di nevicare. Tornata a casa la corrente elettrica mancava già e non è più tornata. Non è un problema di televisori, luci, computer e forni: si tratta di riscaldamento. Da noi solo i miliardari riscaldano le case col gas, perlopiù tutti abbiamo termocamini o termostufe a legna o pellet, ebbene questi splendidi congegni non possono funzionare senza elettricità. Immaginate di stare dentro casa a dodici-tredici gradi massimi, con le mura che cedono calore man mano che i giorni passano, col vostro bimbo che inizia a tossire perché per quanto lo copriate è l'aria che respira ad essere troppo fredda. Tre giorni a sperare perché "che diavolo non si può abbandonare un intero paese a se stesso così" e invece si può fare. 112: occupato, 113: occupato, 115: libero ma senza risposta, 118: occupato(!!!). 
E intanto tu non sai niente perché l'Enel ha le linee intasate, non c'è televisore, ne internet, ne telefono; c'è solo una radiolina a pile che accendi saltuariamente per fare un rapido giro (che se si scaricano le batterie allora è finita) alla ricerca di notizie e tutto quello che trovi sono canzoni, spot e notiziari tanto brevi quanto vaghi. Esci per camminare e scaldarti, per goderti il panorama, per controllore che la vecchia zia che si rifiuta categoricamente di lasciare casa sua stia bene e con lei le sue galline. Torni a casa prima che faccia buio per preparare tutto quello che ti serve per quando la luce non ci sarà più e le tue candele (di ogni forma, colore e profumo tu sia riuscita a scovare dentro casa) non faranno abbastanza luce da permetterti di capire se il pollo che hai messo in padella sia cotto o meno. Vai a dormire ad ore che non credevi fossero fatte per dormire, ti svegli quando di solito andavi a dormire, apri la finestra, punti la candela e constati che nevica, ancora. Ti svegli la mattina e nevica e niente elettricità, il telefonino non prende o comunque è scarico ma qualcuno passando davanti casa tua ti avverte che tua suocera è riuscita a raggiungere gli amici più vicini.
E' il secondo giorno: sei meno nervosa e pensi che oggi è il giorno giusto, macché! Ti rassegni a constatare che quello che hai nel tuo congelatore nuovo di zecca rischia di scongelarsi e, con quel poco di cervello ancora funzionante (il resto è intorpidito dal freddo) realizzi che la tua rovina sarà la salvezza delle tue scorte: via a riempire buste di neve da stoccare nell'inutile elettrodomestico. Intanto la sera si avvicina e le candele scarseggiano, le mura della casa stanno rovinosamente freddandosi e tu inizi ad accusare i primi sintomi del congelamento. Vai a dormire (con due pigiami, due paia di calzini, due coperte in più). 
Ti svegli: è il terzo giorno, ancora niente corrente. Ecco adesso sei moderatamente irritata: prendi l'elenco telefonico e sfrutti la rediviva linea per chiamare l'emittente locale più vicina e fare un quadro completo del dramma che stai vivendo e quando la gentile voce femminile ha un attimo di perplessità al sentirti dire che sono tre giorni (tre!!!) che sei senza elettricità, riesci anche a sperare che qualcosa accada.
Difatti... dopo pranzo, nonostante la nebbia, tuo padre riesce a "bloccare", letteralmente, una macchina dell'Enel e a far scendere l'ex collega in gita turistica con due giornalisti armati nientemeno che di telecamera ("questi come minimo sono della Rai"). Invece di salutare calorosamente gli escursionisti e congratularsi per la "tempestività" dell'intervento, il papà guerriero inizia ad insultare (beh, uno che per anni ha ridato corrente elettrica a mezza provincia a qualsiasi ora del giorno e della notte e con ogni tipo di condizioni atmosferiche, può permetterselo) e minaccia tenere il gruppo in ostaggio e di rilasciarli solo in cambio di un intervento finalmente risolutivo. Ma mio padre è, alla fine, una brava persona e, considerando che il lavoro di un giornalista non può dirsi finito se il suddetto non riesce a recarsi là dove la notizia potrà prender forma ed esser divulgata, alla fine rilascia i malcapitati. 
Torna alle sua attività, ci torniamo anche noi, rassegnati più che mai. Tutto procede finché, all'improvviso, MIRACOLO: torna la corrente elettrica e contestualmente il sorriso sul viso di tutti anche di quelli che, malfidati, ancora aspettano a riaccendere stufe e camini perché "come è tornata, potrebbe riandar via". I cumuli di neve sono ancora tutti lì, le strade ancora impercorribili, i parenti ancora variamente dispersi ma c'è l'elettricità, ah, ah, ah!
E mentre finalmente stai cenando potendo vedere quello che hai nel piatto, al caldo e col  televisore acceso sul tg nazionale, distrattamente senti un nome familiare provenire dal congegno catodico (tu ancora hai il catodico perché: o congelatore o plasma) e ci metti un attimo a capire che stanno parlando del posto in cui vivi, che quelli davvero erano giornalisti (e non dirigenti Enel camuffati per sfuggire all'ira degli autoctoni, come sosteneva tuo padre, pentendosi dell'avventato rilascio) e che quello che hai passato davvero è disavventura degna di essere segnalata all'attenzione nazionale. 
E che cavolo!!!

PS: meno male che il referendum sul nucleare è andato: se si votasse domani, alla luce (ah, ah!) dei recenti eventi, non so, come voterei.


Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...