venerdì 15 luglio 2011

Pipì, popò, papà!

Dunque: è estate, Matteo ha trentuno mesi, a settembre andrà all'asilo: è ora di provare a togliere il pannolino!
Veramente abbiamo già iniziato anche se "a tratti" cioè l'abbiamo tolto per due o tre giorni (non consecutivi) e solo per cinque o sei ore. Dice che in caso di spannolinamento  è meglio iniziare per tutta la giornata e rassegnarsi ad una decina di giorni di vita anfiba. Dice che altrimenti al bimbo si confondono le idee. Dice che i maschietti ci impiegano un po di più rispetto alle femminucce. Dice...ma a qualcun'altro, evidentemente.
Matteo difatti non trova minimamente utile privarsi di questo fedele amico e non ha ancora il più vago sospetto che tutta quell'operazione di pipì che all'improvviso salta giù potrà un giorno essere da lui diretta. Dunque non mi pare il caso di privarlo di colpo della tranquillità che il pannolino (per quanto odiato, soprattutto al cambio) gli concede, almeno finché anche io non mi sarò chiarita le idee.
Non si tratta dei soliti dubbi su come si fa e come ci si organizza (cose, peraltro, che si capiscono solo quando si coinvolge il bambino) quanto piuttosto di un groviglio emotivo che lo spannolinamento mi suscita nella misura in cui ha a che fare con l'uso e la manutenzione del sistema urinario maschile.
Un anno e mezzo fa papà ha subito un intervento per cui, il suo, è stato totalmente azzerato e per questo modo ancora un po rudimentale che ha la medicina moderna di curare alcune malattie (e fortuna che comunque c'è) ha dovuto rimparare a fare pipì. Di tutto quello che serve alla manutenzione di questo nuovo apparato mi occupo io tutti i giorni. Quando penso che tutto questo andrà avanti per il resto della sua vita mi viene la stessa vertigine che provo quando penso che l'universo è infinito. Non è per me, rifiutare questa incombenza giornaliera è il modo che papà e mamma hanno di non arrendersi alla malattia ma so bene che, se se ne presentasse la necessità, saprebbero cavarsela, è proprio per mio padre che mi dispiace; il fatto è che lui è già tormentato di suo (a dire il vero una delle persone più tormentate che io abbia mai conosciuto) e questa proprio non gli ci voleva e non riesco a non pensare al bambino che è stato, alle sue conquiste e a come la vita è strana.
Ho ancora dei sensi di colpa per non aver potuto seguire questa cosa all'inizio: penso che se non fossi stata totalmente presa da Matteo, magari saremmo arrivati prima alla diagnosi e dunque non si sarebbe presentata la necessità di un intervento così devastante. Ma oggi all'improvviso mi è venuto in mente quale fortuna sia stata per noi che questo bimbetto ci fosse. E' stata la vita che ha tenuto fuori la morte.
Festeggiare il primo compleanno di Matteo con lo spirito con cui l'abbiamo fatto è stato come cantarle in faccia: "Vai via, adesso è tempo di cantare e ballare, non ancora il tuo".
Per non parlare della vitalità che un bambino sparge attorno a se, questo suo modo di apprezzare la vita nei suoi aspetti più semplici. Io lo vedo, papà, coi suoi nipotini: si impegna talmente tanto a renderli felici che alla fine lo diventa anche lui. E non importa se poi la gioia finisce perché il sorriso di un bambino è una cosa di cui non ci si stanca mai, soprattutto se hai da recuperare tutti quelli che non hai fatto quando eri tu, bambino. 
Groviglio emotivo, appunto. E allora, in deroga alle più ragionevoli e sensate pratiche di spannolinamento, ho deciso di prenderla con calma; stiamo lavorando al metodo camp per lo spannolinamento sostenibile: sono previste soste, momentanee interruzioni nonché l'utilizzo di qualsiasi mezzo ritenuto idoneo da mamma camp ad evitare inopportune crisi di vertigine.
I piani si confondono così come le figure: papà e Matteo alle prese con la normalità che non c'è più e con quella che ancora non si riconosce tale.
Che strana la vita.


2 commenti:

  1. cara camp, io sono dell'idea che ogni mamma sappia quale sia il modo di agire con il suo bimbo, quando e se ci riflette. mi pare che tu abbia fatto profonde riflessioni e quindi questa è certamente la via migliore per matteo.
    credo che qualche libricino per bambini, sull'argomento, comunque, possa essere d'aiuto. per lo meno... con mio nipote lo è stato.ce ne sono alcuni molto carini e semplici.

    questo è un passaggio delicato per i bimbi perché prendono consapevolezza di sé stessi, di ciò che è il loro corpo. a volte con la loro cacca si possono anche spaventare..
    è un passaggio di crescita molto importante... non per niente spesso i bimbi adottati anche a 7/8 anni si fanno ancora la pipì addosso...
    nessuno li ha seguiti con l'amorevolezza e la fermezza necessaria e loro sono ancora lì, con la loro pipì...perché a stare dietro ad un bimbo che fa la pipì ovunque è un bel problema... ma per lui è una grande conquista che solo qualcuno che lo ama può aiutarlo a raggiungere! come stai facendo tu!

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  2. Grazie per l'idea del libro in effetti potrebbe essere d'aiuto.
    Sai mi ricordo di una bambina adottata che per diverse settimane ha continuato a nascondere qualsiasi cosa i genitori adottivi le dessero da mangiare che non consumasse subito, perché in orfanotrofio funzionava così.
    Boh Plo io provo così, se non va tornerò al metodo classico! A presto, ciao

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Ma dai, sei arrivato fin qui!!!?
Allora su: fai un altro sforzo...

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