mercoledì 27 febbraio 2013

Vibrante protesta

"Perché all'asilo si fanno sempre i lavoretti...lavoretti, lavoretti, lavoretti. Io mi sono stufato di tutti questi lavoretti. Io voglio solo disegnare, a me mi piace solo di disegnare.
E poi devo sempre rimettere le cose a posto: se io dipingio, allora poi devo rimettere i colori a posto. [e mica stai a casa]
E quando chiedo quando arriva papà, la maestra mi sgrida sempre.
E poi sto sempre solo, nessuno gioca con me e io sono stufo di stare tutto il tempo solo.
E quelle gocce che mi metti al naso sono disgustose e io non le voglio più."

Ecco qui la vibrante protesta espressa da Matteo l'altra sera, ho cercato di riportare fedelmente le sue parole ma ero troppo presa dalla veemenza dell'esternazione e dal tentativo di controbattere (che non riporto perché irrilevante) che non ho memorizzato fedelmente.
Di che parlare prima: della soddisfazione provata nel constatare che il gigantino sa esprimere i suoi sentimenti, della preoccupazione per questo rifiuto dell'asilo o della mia violenta reazione di rabbia quando ieri mattina non c'è proprio stato verso di farlo uscire di casa?
Ecco cominciamo da qui. Io sono per la non violenza, soprattutto verso i bambini: rispetto i loro tempi, i loro pensieri, la loro sensibilità. Al limite posso arrivare a dire "se qualcuno ti picchia, ALLORA picchialo anche tu, Matteo" e anche questo mi pesa. Ci sono tuttavia momenti in cui non posso fare a meno di usare tutta l'autorità connessa al mio ruolo genitoriale in maniera aggressiva e violenta. Chiaro che non sto parlando di violenza fisica ma della più sottile e pericolosa violenza psicologica. Per cui ieri mattina dopo aver sbraitato furiosamente e sfogato la mia rabbia sbattendo violentemente a terra quello che mi capitava in mano, ho imposto a Matteo di non muoversi dalla stanza da letto. Dopo circa un'ora, durante la quale mi ha più volte chiamato senza ottenere risposta, l'ho cambiato e gli ho fatto fare colazione, quindi gli ho comunicato che per punizione per tutta la giornata non avrebbe potuto vedere la tv né giocare con il pc. Ho tenuto un'espressione  indisponente per tutta la mattinata. Ebbene, dopo il mio comportamento in sé, la cosa più triste è stato constatare quanto bene funzionino questi atteggiamenti: addirittura ad un certo punto è arrivato a dirmi: "e va bene allora ci vado all'asilo". Violenza e autoritarismo sono tra gli atteggiamenti apparentemente più efficaci che un genitore possa adottare per fronteggiare l'individualismo di un bambino piccolo, da qui la loro pericolosità. Non ho mai pensato di essere una madre infallibile ma ieri ho toccato il fondo.
C'è poco da aggiungere tranne che mi sono davvero arrabbiata: "Perché non vuole andare all'asilo, non avevamo superato questo momento?" continuavo a pensare mentre rimettevo mano ai programmi per la giornata che mi ero fatta la sera prima. A pensarci adesso, tra neve e influenza, la continuità didattica ultimamente si è un po' interrotta e questo di per se può spiegare l'atteggiamento di Matteo. Comunque domani andremo a parlare con la maestra soprattutto per verificare se davvero si sta isolando dai suoi compagni, che è la cosa che mi preoccupa di più. Spero di non trovare il solito atteggiamento semplicistico della serie "ma no, non è niente, va tutto bene, non si preoccupi", Matteo è un furbetto ma non un mentitore. E comunque con i bambini la realtà e la sua oggettività hanno un importanza relativa rispetto alla loro personale percezione delle situazioni.
E veniamo all'unico aspetto positivo della faccenda: sono rimasta letteralmente rapita dall'intensità e dalla chiarezza con cui il gigantino ha saputo esprimere il suo disagio. Era un'onda di piena, tanto preso da rimproverarmi anche per le gocce al naso, già che c'era. Una perfetta corrispondenza tra lo stato emotivo provato, che ho dedotto facilmente dal suo linguaggio corporeo, le parole usate per esprimerlo e la sua capacità di mantenere il turno di conversazione. Ecco: una delle cose che ci terrei ad insegnare a Matteo è la capacità di esprimere il suo disagio, non necessariamente a me quanto soprattutto a se stesso perché penso che questa abilità sia necessario fondamento dell'equilibrio psichico. Se infatti è vero che i bambini sono maestri e infaticabili cultori dell'arte del capriccio è altrettanto estrema la loro capacità di adattarsi, per amore dei genitori, a qualsiasi sforzo gli venga chiesto ma questa abilità, se abusata o usata impropriamente, è l'anticamera dell'infelicità. 
A dispetto dell'ostentata sicumera si accettano consigli.

4 commenti:

  1. cara Camp,, anche se il tuo post meriterebbe davvero un commento che pero' al momento non riesco a scriverti percHe' sono di frettissima avendo lasciato mio marito e mia figlia da soli in camera per un'ora (altro che violenza... ho davvero forzato la mano visto la sua attuale paura degli uomini...), ti volevo dire che ti ho scritto una email...

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  2. Un'unica cosa: siamo esseri umani, lo sei anche tu e lo è tuo figlio.
    Anzi, anche un'altra: il mio post incomprensibile 'I bambini quando chiedono' e questa frase, che forse è una 'risposta': "Eppure, chi chiede a chi dà, vuole spesso soltanto il conforto di una risposta, non necessariamente l'oggetto richiesto. Quante sfumature nel dialogo fra persone, il dialogo come posizione e contrapposizione, incontro e diverbio, ordine e preghiera"...
    PS: E' vero, spesso scrivo per sfogarmi e traggo conclusioni, senza riferimenti chiari a ciò che capita. Certe cose non posso e non mi va di dirle, e in questi casi valgono le astrazioni.

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    1. Ciao Cristiano, si siamo esseri umani, ciò non toglie che (o forse proprio per questo) quando sbagliamo stiamo male e sentiamo il bisogno di "pentirci" e chiedere scusa.
      Torno a ripetere che ciò che io non capisco dei tuoi post mi dà la misura della tua bravura nello scrivere, peccato però che tu non abbia scelto l'anonimato. A questo proposito semmai sceglierai questa via, avvertimi, anche se poi non sarebbe più anonimato...
      comunque grazie per il tuo commento e a presto.

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