mercoledì 14 marzo 2012

Abbagli

Ieri pomeriggio, col gigantino, siamo andati a messa. Era la messa per i sei mesi dalla morte di zio Isidoro, finalmente celebrata dopo il rinvio causa neve. L'ho voluta far celebrare proprio io, per richiamare formalmente la sua attenzione quaggiù, dove in così pochi mesi dalla sua scomparsa, certe situazioni, che pure lo riguardano perché lo hanno riguardato, stanno precipitando appena appena. Un modo per dirgli "zio, e tu che dici?".
Comunque, nonostante il grecale, ci siamo incamminati ma Matteo era un po' stanco e quando siamo arrivati era rimasto posto solo al primo banco. Non è che viva in un paese di cattolici ultras è solo che col freddo la Messa si celebra in una stanza di piccole dimensioni dove sono stati sistemati un altare, otto banchi e un confessionale. L'essenziale per entrare in contatto con Dio (tra perentesi, mi chiedo se tutto questo profluvio di spazi vuoti e di distanze con cui di solito vengono concepite e realizzate le chiese, sia in accordo con il senso dei riti che vi si celebrano dentro).
Insomma ci siamo trovati a trenta centimetri dall'altare e quaranta dal parroco; davanti a noi, su una parete di colore giallo limone, un bellissimo crocefisso francescano (dunque privo dei particolari cruenti che di solito caratterizzano questi oggetti) nel quale il Cristo sembra voler abbracciare chi lo guarda. La funzione è iniziata e subito l'attenzione di Matteo è stata richiamata dai canti e dal suono della chitarra che li accompagnava; in quell'ambiente ristretto le voci acquistavano una pienezza particolare come tendessero a convergere piuttosto che a perdersi nello spazio; persino quel tono vagamente lamentatorio, che sempre ricordo di aver colto nei canti delle messe pomeridiane, era quasi scomparso. C'era una forte spiritualità.
Dev'essere per questo che, nonostante la funzione sia stata relativamente lunga, Matteo è stato calmo e tranquillo: un po' ha giocato con un sasso che aveva raccolto per strada, un po' l'ho tenuto in braccio, un po' ci siamo parlati sottovoce: ad un certo punto mi ha sussurrato "mamma torniamo a casa?" ma è stato tranquillo fino alla fine. Poi ci siamo avvicinati alla chitarrista per salutarla (in realtà non la conoscevamo ma aveva suonato così sentitamente da suscitare un  naturale gesto di riconoscenza), Matteo ha ricevuto gli elogi delle signore presenti che si sono complimentate per la sua tranquillità e siamo usciti.
Ammetto che li per lì mi sono sentita orgogliosa del contegno del gigantino, di come sia stato buono e tranquillo.
Ma ripensandoci mi sta venendo una strana ansia: c'è davvero di che essere orgogliosi di un bambino che, a tre anni, dimostra tutto questo self control? 
"Che domanda è?", direte voi. E' la domanda tipo di una mamma-ex bimba perfetta, che aveva un talento eccezionale nel saper stare al suo posto, zitta e attenta.
Capirete dunque l'ansia che provo: le regole, la loro accettazione e condivisione sono lo scheletro di quella società civile in cui auguro a mio figlio di poter vivere, un giorno non troppo lontano, per cui non posso essere che felice se lui per primo impara a rispettarle.
Quello che mi dà pensiero è la capacità del bambino, del mio bambino, di rispondere alle aspettative degli adulti in generale e dei genitori, in modo particolare. Come per l'asilo: nonostante quasi ogni mattina Matteo mi dica di non volerci andare, non solo ci va ma le maestre continuano a ripetermi: "è l'alunno perfetto, non si vede e non si sente, signora. Non da alcun problema, calmo, tranquillo..." Però  quando torna a casa è sfinito, stanco e indispettito. C'è da avere paura al pensiero di cosa un bambino possa riuscire a sopportare se solo gli si fa capire che quella cosa, che a lui non piace, è per noi importante. 
Questa "dote" Matteo ce l'ha, l'ha ereditata da me; ma forse così è troppo semplice, magari la verità è che sono stata io ad averla seminata in lui  e coltivata.
Ci sono pensieri che a volte affiorano alla nostra mente disturbandoci e noi tendiamo a non dar loro peso e a passar oltre, eppure sono proprio quelli che dovremmo analizzare e comprendere.
Mi accingo a farlo.


4 commenti:

  1. Comincia a non analizzare affatto, invece. Rinuncia a comprendere,almeno in questo caso. Lascia che il Gigantino si esprima liberamente, sia che voglia essere 'contenuto' che 'irrefrenabile'. L'importante è che si senta felice e che lo sia, senza inibizioni o frustrazioni. Ciao

    RispondiElimina
  2. Ciao Cristiano bentornato e grazie per il tuo commento, anche se mi stupisce quello che dici: "rinuncia a comprendere"; non è da te, di sicuro avrai buoni motivi per darmi questo consiglio ma non credo che riuscirò a seguirlo. E' troppo strano il comportamento di questo bimbo. A presto

    RispondiElimina
  3. Questa tua riflessione è molto acuta e molto attenta. Credo che i bimbi copino molto l'atteggiamento degli adulti anche se poi, se non è loro congeniale, non lo fanno loro. un abbraccio grande!

    RispondiElimina
  4. Plotina ma bentornata anche a te! Perché dici che vorresti stare zitta se poi quando parli dici cose così ragionevoli e sensate? Grazie e, con me almeno, parla, parla, parla. A presto, ciao

    RispondiElimina

Ma dai, sei arrivato fin qui!!!?
Allora su: fai un altro sforzo...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...