Io rifiuto l'energia nucleare sostanzialmente per una mia
convinzione filosofico esistenziale nonché per aver vissuto la tragedia di Chernobyl quando ero solo una bambina; frequentavo le scuole medie, all'epoca, ed è stato un brutto periodo, pieno di paure e incertezze; ricordo la nostra insegnante di educazione fisica che ci ripeteva in continuazione di togliere le scarpe prima di entrare a casa perché con esse raccoglievamo radiazioni. A pensarci adesso mi viene da sorridere per l'ingenuità di questa donna che pensava "la casa" come un luogo sicuro, da non contaminare.
Nei mesi seguenti iniziò uno studio serrato delle problematiche nucleari e delle energie rinnovabili (allora si definivano così) che ci portò a padroneggiare termini come "fissione" o "fusione" e a vagheggiare di un giorno in cui la mente umana sarebbe riuscita a domare l'atomo riuscendo a ottenerne energia senza produrre radiazioni.
Difatti eccoci qui, dopo venticinque anni, a riparlare di sicurezza del nucleare (le "nuove" centrali sono sempre "più" sicure di quelle vecchie -come se le nuove centrali di trenta anni fa non siano diventate nel frattempo vecchie- ma mai sicure "in assoluto"), e del fatto che per renderci energeticamente indipendenti la via maestra sia il ritorno all'energia nucleare.
Venticinque anni in cui i sogni dei decenni che eravamo sono stati deliberatamente ignorati. Oggi scopro che pensare ad una politica energetica che non contempli l'opzione nucleare non è un poetico idealismo: nazioni europee civilizzate e industriali non solo non usano energia nucleare ma stanno già pensando di realizzare un futuro
privo di fonti fossili con benefici economici oltre che ambientali; sono cambiamenti difficili e lunghi da realizzare ma possibili, per chi ci crede.
Ma in Italia non ci crediamo perché, da noi, per circa venti anni non si è fatto niente poi,
costretti dall'Europa, ci siamo detti "sveglia!" e finalmente l'attuale governo ha trovato la quadratura del cerchio: il caro vecchio nucleare, appunto.
E stavolta, se non passa il referendum, non si tratta di continuare ma di
ricominciare daccapo su una strada
costosa ed obsoleta; tuttavia i nostri lungimiranti politici hanno tutto chiaro: dopo
lunga e tormentata analisi hanno deciso che sarà l'
Areva a costruire almeno quattro reattori di tipo
EPR in giro per l'Italia.
Hanno creato insieme ai francesi di
EDF la
"sviluppo nucleare srl" con lo scopo di "
sviluppare il progetto in tutte le sue fasi necessarie ad arrivare alla decisione finale di investimento, e.g. lo screening dei siti, gli studi di fattibilità, la preparazione e il supporto per le attività di concessione di licenze e permessi. Fa parte delle responsabilità di SNI anche la costituzione di società ad hoc per la costruzione, proprietà e messa in esercizio di ciascuna centrale EPR." (http://www.sni.enel-edf.com/it-IT/chi_siamo/).
Quando lo dico io che il nucleare è troppo complicato...
Ed è costoso,
al di là di ogni previsione ma soprattutto
non è sicuro anche quando ad occuparsi della costruzione delle centrali è una multinazionale con
provata esperienza nel settore come l'Areva. Prima di andare a votare per il referendum sul nucleare (e prima di decidere di non andarci) è bene riflettere sui costi
non solo economici che potremmo dover pagare.
Ne vale veramente la pena?
Da mamma mi chiedo se non sarebbe ora di iniziare a costruire un futuro energetico diverso per i nostri figli.