venerdì 18 marzo 2016

Ode alla mamma a tempo pieno

Avevo provato un sincero moto di stima per Giorgia Meloni quando ha annunciato la sua indisponibilità a candidarsi a sindaco di Roma perché incinta. Ma è durato poco.
Partendo dal presupposto che questa sua subitanea esternazione sia stata sincera e non dovuta ad oscuri calcoli politici, mi era sembrata una scelta coraggiosa "arrendersi" alla grandiosità dell'evento che sta vivendo tanto da mettere in secondo piano tutto il  resto. "Che bello", ho pensato, "finalmente una donna che affronta la gravidanza con sacro terrore e con rispetto, concedendosi il lusso di dedicarle ogni sua energia". Ma subito una schiera di super donne e super mamme ha iniziato ad inveire: "ma la gravidanza non è mica una malattia...", "ma migliaia di donne diventano mamme senza rinunciare al loro lavoro...", "ma questo è un insulto a schiere di donne che fanno i salti mortali per essere buone madri e continuare a lavorare...", "ma questo Paese di questo passo..." e via discorrendo.
Forse anche a causa di questa sollevazione ma, più probabilmente, per ragionatissime e rispettabilissime motivazioni personali la Meloni ha cambiato idea e si avvia a diventare l'ennesima "supermamma". Auguro di cuore a lei e al suo bimbo ogni bene però, che peccato!
Tantissime donne in Italia sono costrette per esigenze economiche a lavorare e tuttavia non vogliono rinunciare alla maternità, il più delle volte la loro vita è complicatissima e faticosa per non parlare di quelle a cui la maternità costa il posto di lavoro. 
Poi ci sono le "mamme a tempo pieno", come me, che si dedicano completamente ai figli e alla famiglia. Privilegiate, in apparenza, la loro vita sembrerebbe facile e comoda perché nessuno  pensa mai alle rinunce, alla solitudine, all'insoddisfazione che lo svolgere, per scelta o per mancanza di alternative,  un ruolo spesso non apprezzato comporta. Noi siamo quelle fortunate anche se poi, non essendo tutte facoltose-agiate-annoiate privilegiate, magari prima di comprarci un paio di scarpe nuove ci pensiamo dieci volte e non possiamo mai permetterci di essere stanche perché "e ma tu mica lavori..." e, spesso, quello che facciamo è "dovuto" e se pensiamo al futuro e alla vecchiaia ci tremano le gambe. Noi siamo quelle che, mediamente, non penseremo mai, guardando i nostri figli cresciuti, che gli anni sono volati, perché quegli anni li abbiamo vissuti momento per momento in prima persona, nel bene e nel male.
Entrambe le categorie di mamme, insomma, hanno i loro problemi ed entrambe possono contenere esemplari  di madri ottime o pessime. Del resto, a parer mio, ogni donna deve sentirsi libera di complicarsi la vita come meglio crede.
Quello che non tollero però è questa tendenza, tanto più odiosa quanto più è espressa da altre donne, a voler considerare quello della "supermamma" come unico modello di madre socialmente accettabile e desiderabile. Questo dannarsi l'anima per reclamare un sacrosanto e necessario riconoscimento dei diritti e delle difficoltà delle madri lavoratrici senza però spendere una sola parola a favore delle donne che fanno scelte diverse e che mettono la maternità al primo posto. Che progresso sociale e civile può nascondersi dietro questa visione selettiva dei diritti della donna?
Quanto sarebbe stato più utile che la Meloni (o qualsiasi altra  politica italiana nella sua stessa posizione) avesse scelto di prendersi un giustissimo periodo di pausa e fosse poi tornata in campo rivendicando il valore sociale ed economico delle donne che "non lavorano", che non potrà certo essere uguale a quello di chi si alza tutte le mattine ed esce di casa per lavorare ma che non può neppure essere ridotto a zero?
Mia madre che non ha mai percepito uno stipendio, pur avendo fatto e continuando a fare un lavoro monumentale, mi diceva quando ero adolescente: "figlia mia studia e trovati un lavoro e se ti innamorerai convivi così sarai libera, se le cose andranno male, di fare quello che vuoi". Poiché coi figli l'esempio conta più delle parole, io ho fatto l'esatto contrario. A ripensarci adesso mi colpisce che in questo discorso non fossero menzionati i figli. Quale collocazione avrebbero dovuto avere rispetto a me e alla mia autonomia? Colpevole omissione quella di mia madre perché, ripensando alla sua vita, so che, al cospetto di un figlio, qualsiasi concetto di autonomia si sarebbe sciolto come neve al sole. 
Questo è stato il suo esempio: il lavoro immenso e impagabile di una donna e una madre che ha saputo sopportare e supportare l'insopportabile, che invece di salvare se stessa e i suoi figli da situazioni a volte insostenibili ha insegnato loro che le persone non si abbandonano alla prima difficoltà e nemmeno alla centesima. Mia madre mi ha insegnato che le persone non sono perfette e purtuttavia questo non ci autorizza ad abbandonarle al loro destino. 
Se avesse potuto studiare e lavorare oggi avrei di certo altri motivi per essere orgogliosa di lei e grata del suo esempio e magari sarei comunque la persona (e la mamma) mediamente equilibrata e matura che sono, ma io non avrei voluto avere niente di diverso dalla mamma che ho avuto e non la ringrazierò mai abbastanza per esserci stata sempre: quando mi svegliava la mattina, quando mi accoglieva al ritorno da scuola, quando stavo male, quando ero preoccupata, quando ero felice, quando ho avuto grandi dubbi e fallaci certezze, quando c'era bisogno di qualcuno che fosse orgoglioso di me e quando ho avuto paura di non essere all'altezza, quando sono stata forte e quando ho fatto tutto il contrario, perché nessuno è perfetto...
Si, mia madre non ha mai percepito uno stipendio ma nessuno si permetta di dire che non ha mai lavorato o che il suo lavoro sia stato facile e comodo.




venerdì 29 gennaio 2016

Sono viva!

Per moltissimi potrebbe non essere una notizia degna di nota ma ci tenevo comunque a diffonderla.
Perché sono più di cinque mesi che non scrivo niente e, benché io non sia una grafomane ne una sostenitrice della scrittura a prescindere dalla comunicazione di un qualche contenuto, non vorrei mai seguire la sorte dei tanti blogger che abbandonano la loro attività senza dare del fatto esauriente spiegazione. Non che io voglia abbandonare questo piccolissimo blog nella vastità del cyberspazio, tuttavia scrivere (come dice la maggior parte degli Scrittori) è questione di metodo: mettiti alla tastiera e qualche cosa salterà fuori, poi lavoraci e lavoraci e lavoraci (ma questa parte posso evitarmela: mica io sono Scrittrice) e avrai scritto qualcosa degno di nota.
La verità è che tutto è relativamente tranquillo ma in questi mesi mi son dedicata ad altro e adesso mi è venuta una gran voglia di gettare un messaggio nella bottiglia e vedere chi lo legge e cosa ne pensa. Ma l'unica cosa che posso scrivere è "sono viva" e, come si diceva, il fatto potrebbe non interessare moltissimi. 
Ma interessa me e quei pochissimi che mi leggono e mi rispondono (Plotina ma tu? Tutto ok? E scrivici qualche cosa ogni tanto...) e questo basta.
Che meraviglia è internet: tra cent'anni se ne parlerà come lo strumento di una nuova rivoluzione tecnologica e culturale e noi ci siamo dentro. Quanto è bello poter comunicare una propria esperienza, un'opinione, una convinzione a persone che nella vita "reale" non avremmo mai potuto incontrare e ricevere un feedback.
A cosa comunicare ci pensiamo la prossima volta, del resto così fan molti: scrivono cose insignificanti, se non inutili, prendendosi meticolosamente sul serio, per una volta anche io...ma senza prendermi sul serio ché c'ho messo una mezza vita a disimparare a farlo.
Questo è quanto, saluti a tutti.




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