"Ritengo quindi che il mio compito consista nel sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti delle sofferenze della prima infanzia, e tento di farlo su due piani diversi, in entrambi i casi cercando di parlare al bambino che un tempo ogni lettore adulto è stato. Nella prima parte faccio ricorso all'esposizione della "pedagogia nera", vale a dire dei metodi educativi con i quali sono cresciuti i nostri genitori e i nostri nonni. In alcuni lettori il primo capitolo potrà suscitare sentimenti di ira e collera che si potranno rivelare assai salutari. Nella seconda parte descrivo l'infanzia di una ragazza drogata, di un capo politico e di un'infanticida, tutti e tre, da bambini, vittime di pesanti umiliazioni e gravi maltrattamenti [...] Tutte e tre le vicende attestano l'effetto devastante dell'educazione, l'annientamento da essa operato nei riguardi di qualsiasi forma di vitalità, il pericolo che essa rappresenta per la società [...] Sarebbe anche importante e utile tener sempre presente, durante la lettura di questo volume, che con i termini di "genitori e "bambini" non si vogliono intendere individui precisi, bensì condizioni, situazioni o posizioni giuridiche che riguardano tutti noi, dato che tutti i genitori un tempo sono stati bambini, e visto che i bambini di oggi un giorno o l'altro diverranno a loro volta genitori."
"Solo quando sono in grado di indignarmi per un'ingiustizia che mi è stata fatta, quando riconosco la persecuzione in quanto tale e riesco a riconoscere e a odiare il mio persecutore, solo allora mi si apre la via del perdono. L'ira, la rabbia e l'odio repressi cessano di venire perpetuati solamente se si è in grado di scoprire la storia delle persecuzioni subite nei primissimi anni di vita. Tali sentimenti si tramuteranno nel lutto e nel dolore per il fatto che le cose siano dovute andare proprio a quel modo, e pur in tale rincrescimento lasceranno posto a una comprensione autentica: la comprensione di chi è ormai adulto e riesce ad avere una conoscenza profonda dell'infanzia dei suoi genitori e, finalmente libero del suo odio, è in grado di nutrire un vero e maturo sentimento di empatia. [...] Se un adulto ha avuto la fortuna di spingersi sino alle origini delle ingiustizie private e individuali sofferte durante la sua infanzia e di viverle con sentimenti consapevoli, con il tempo arriverà lui stesso a comprendere - meglio se lo farà senza assistenza pedagogica o religiosa di sorta - che i suoi genitori l'hanno tormentato o maltrattato, non perché ci provassero gusto o perché erano forti ed esuberanti, ma solo perché non potevano fare altrimenti, dato che un tempo anch'essi erano stati a loro volta delle vittime, e perciò credevano nei metodi educativi tradizionali."
Questo libro è difficile; stavo quasi per abbandonarlo con un'impressione che difficilmente mi avrebbe portato a riprenderlo in mano (se non in uno di quei momenti in cui hai finito il libro che stavi leggendo e non ne hai di nuovi) quando si è accesa la lampadina.
Immaginate di leggere ottanta pagine circa di riflessioni pedagogiche scritte dalla seconda metà del settecento alla prima del novecento; tecniche "educative" che oggi considereremmo maltrattamenti puri e semplici; immaginate di pensare "ma a me che me ne importa? Oggi siamo altri genitori, altri bambini" e poi, all'improvviso, trovarvi a considerare che "aspetta un po...tutto sommato anche io in questa situazione...".
Ecco, da quel punto in poi inizia la "catarsi". Il velo è stato tolto e adesso lo vedete, il velo della pedagogia nera, di quell'educazione di cui tutti siamo stati vittime e che tutti ci manovra quando ci relazioniamo ai nostri stessi figli. A meno che, appunto, non iniziamo a riconoscerla in azione e a metterla profondamente in discussione.
E' una cosa auspicabile, come dimostra efficacemente la Miller analizzando le drammatiche esistenze di tre bambini sottoposti in maniera sistematica a questi maltrattamenti e, tuttavia, di difficile realizzazione perché presuppone una presa di coscienza profonda delle zone d'ombra della nostra personale infanzia. Riuscire a vivere rabbia e lutto per i bambini che non siamo stati e risparmiare così ai nostri figli la stessa sorte; non ci sono scorciatoie razionali per farlo, questo libro, almeno, non ne indica. Infatti ciò che in esso colpisce non sono tanto le teorie esposte o il grande lavoro di documentazione delle fonti, tutto ciò rimanda a una "modalità" di lettura secondaria rispetto a quella che poggia sulla forza evocativa del volume che, pagina dopo pagina, tenta di parlare al nostro lato oscuro attraverso l'empatia e l'emotività per costringervi a vedere ciò che non avete mai voluto considerare.
Insomma questo libro è una grande regalo, è una specie di avvizzita mela (in una favola al contrario) donata da una fatina buona ad un' egoista Biancaneve per farla risvegliare dal peggior incubo della sua vita. E non siate troppo sicuri, mentre lo leggete, di interpretare la parte del principe azzurro, sveglio e grato in mezzo ai sette nani, lasciatevi togliere dagli occhi questo velo che vi offusca la vista.
Sono contento che questo libro ti sia piaciuto e che ti abbia fatto pensare.
RispondiEliminaCiao, Cristiano
Grazie Cristiano per avermelo fatto conoscere, sinceramente se non fosse stato per l'entusiasmo con cui ne hai parlato credo che non avrei insistito a leggerlo. Veramente stavo pensando di leggere anche "Il dramma del bambino dotato" ma non adesso che se no mi si confondono. A presto ciao e riguardati.
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